di LIVALCA*
Prendendo un qualsiasi vocabolario della lingua italiana alla voce comunicazione recita: action and effect of communicating. The word Report Says: link between ideas or events. We find solace in Latin with refero, refers, reported, reported, referre which is none other than the father of fierce, fers, fire, wide;, ferre su cui tanti giovani virtuosi hanno lanciato i loro “strali”. Tra le tante frasi che potrebbero fare al caso nostro opto per “consilia in meliusreferre”, ossia volgere al meglio e, terra terra, cambiare in buoni i cattivi sentimenti.
Non a caso il giornalista Enzo Quarto nella sua recente pubblicazione dal titolo “Communication is the report” ci regala, all’inizio delle sostanziose cento pagine, un pensiero significativo di Paolo di Tarso: “Esaminate ogni cosa e trattenete ciò che è buono”.
Quarto, al pari di tante persone sensibili che affollano le nostre strade, ci porta una testimonianza formatasi dopo un percorso di riflessione sul tempo che viviamo: le verità più semplici sono quelle cui approdiamo in evidente ritardo. Una società abituata ai mestieranti che giornalmente affermano che non vi è altra verità che quella che io dico nel momento in cui la dico, fa fatica a considerare la gente entità pensante e non consumatori obbedienti.
Ricordo che in una non lontana competizione elettorale un leader disse: “Abbiamo perso perché abbiamo sbagliato comunicazione”. Forse un’affermazione parzialmente veritiera, ma terribilmente offensiva per tutti coloro che giornalmente si sforzano di essere cittadini che pensano al bene comune per il bene comune.
Certo le campagne elettorali degli Stati Uniti tutte affidate al marketing ci fanno dubitare della forza reale della comunicazione: la forza lascia il campo al danno provocato dal ripetersi di spot ed eventi che sono vuoti di ogni contenuto propositivo, ma tendono a stimolare il nostro ricordo nel momento del bisogno e ricorrere al male minore, odiosa e deprecabile invenzione.
Il filosofo Francesco Bellino e la prof.ssa Irene Cavalli a partire dalla metà degli anni ’80 hanno fondato una collana denominata “ETHOS” – in questi giorni arrivata al volume n. 42 di pubblicazione – che aveva come proposito di mettere l’uomo al centro di ogni problema e per dirla con Kant:”La più grande ricerca umana è capire che cosa si deve fare per diventare esseri umani”.
Don Angelo Garofalo in una lucida quanto appassionata prefazione al libro del giornalista RAI – pubblicato per i tipi della indefessa editrice Gelsorosso, capitanata dall’attivissima assessora Carla Palone – ci dice che bisogna passare da “un’etica della libertà” a un’etica della verità’. Senza giri di parole etica significa: carattere, comportamento, costume; per libertà intendiamo il requisito per cui un essere umano può stabilire di meditare, manifestare, agire senza obbligo o imposizione; con il termine verità si indica il senso di accordo e coerenza con un dato o una realtà oggettiva…e non può essere falso.
Quarto nel libro dedica un capitolo alla lezione senza tempo di Michele Campione: personalmente come posso dimenticare le lunghe conversazioni con il giornalista “dei colori” avvenute nella Clinica di Semeiotica Chirurgica diretta dal prof. Oliva e come posso dimenticare l’uomo che mio padre definì: “Campione di nome e di fatto”?
Come posso dimenticare la genesi di “Come eravamo’’ di Vito Maurogiovanni, che seguiva quel “Cantata per una città”, da cui tutti hanno attinto senza poter riprodurre quelle elevazioni dell’anima che sono proprie solo di chi le ha vissute, subite, patite, odiate e poi per sempre amate. Lo stesso Quarto che, da giornalista di scuola umanista, ha vissuto fin dai tempi della vecchia storica sede della federazione socialista, in piazza Umberto, il percorso artistico-politico di Vito non può esimersi dal concludere che cristianamente l’uomo dell’antico caffè di via De Rossi “può aver perso la fede politica, ma non ha mai perso la speranza nell’uomo”.
La frase “è come oggi” – Quarto ci racconta che Pippo Volpe e Maurogiovanni la ripetevano in maniera ossessiva al termine di una trasmissione radiofonica di successo del secolo scorso – non può bastare più a giustificare carenze che, le nuove esigenze di vita di essere umani che chiedono di “vivere” per non morire di fame, guerra, malattie, ogni giorno interrogano la nostra coscienza… “È come oggi” non sarebbe approvata da S. Giacomo: “La fede senza le opere è morta”, come non può bastare quello che più di duemila anni fa ci raccontava Ovidio: “Si crede facilmente ciò che si spera”. “Presi un pugno di sabbia e glielo porsi, scioccamente chiedendo un anno di vita per ogni granello; dimenticai di chiedere che fossero anni di giovinezza” (Le Metamorfosi).
Amico lettore rifletti su questa frase e cerca di trovare il giusto equilibrio e il senso pratico con il titolo del libro che Quarto ha dato a questo suo lavoro; fatto ciò, a qualsiasi conclusione sia approdato, cerca di interpretare i tanti concetti che la copertina ideata da Manuela Trimboli – che da sempre accompagna i lavori editoriali del giornalista! – ti sottopone e ti impone.
Ora non voglio dire che per conciliare necessità-ragione e fede-verità o non si possiede sufficiente ragione o non abbastanza fede, ma “Dio è morto” non può essere una soluzione.
Concretamente: a breve migliaia di disperati arriveranno sulle nostre coste nella speranza di trovare una ragione per vivere. Li accoglieremo con i servizi televisivi, con quella comunicazione che inquina il cervello e spinge a pensare che non sono fratelli, ma usurpatori o abbiamo un piano concreto? Siamo ancora in mano agli uomini competenti che sbagliano applicando le regole, quelle regole che hanno fatto della Salerno Reggio Calabria una strada senza fine?
Ho letto il volume di Quarto in un paio di ore, ma con la convinzione che ci tornerò alla velocità di un capitolo al giorno. Una cosa, però, ritengo che vada detta: gli uomini di fede, di qualsiasi fede, e i laici, di qualsiasi pensiero evoluto, INSIEME devono fare gruppo affinchè le ragioni di tutti siano esposte secondo le leggi della civiltà e della democrazia e devono INSIEME lottare contro coloro che vogliono rispedire il mondo nelle “catacombe”.
La teoria secondo cui le idee prevalgono solo sopprimendo fisicamente l’avversario vanno combattute con tutte le armi necessarie, perché vi è un limite oltre il quale la tolleranza cessa di essere una virtù. Questo non significa volere la guerra, ma pretendere che la “comunicazione sia relazione di pace”. Enzo Quarto, da cattolico, parla chiaro, io, in questo momento nella veste di cittadino del mondo, dico che dobbiamo tutti parlare chiaro perché in questo caso asseriamo che è chiaro il nostro animo. Non ricordo chi ha paragonato le anime alle nuvole: ossia raccolgono per versare. Versare per diffondere amore universale va bene, versare per spingere ad odiare il proprio fratello ci spinge ad accogliere la teoria di Leonardo: “Chi non punisce il male comanda che si faccia”.
” da giornaledipuglia